Concorso per un tempio cinerario. Pavia. Il sistema delle doppie rampe su modello del Pozzo di san Patrizio visto dal basso.
Concorso per un tempio cinerario. Pavia. Il sistema delle doppie rampe su modello del Pozzo di san Patrizio visto dal basso.
Concorso per un tempio cinerario. Pavia. Dettagli dalle tavole di concorso.
Concorso per un tempio cinerario. Pavia. Dettagli dalle tavole di concorso.
Concorso per un tempio cinerario. Pavia. Dettagli dalle tavole di concorso.
Concorso per un tempio cinerario. Pavia. Dettagli dalle tavole di concorso.
Il nuovo Tempio ha pianta quadrata di circa 20 metri per lato, con corte centrale aperta, in omaggio alla fondazione romana di Ticinum. Il volume, un mezzo cubo, è organizzato con due rampe a pendenza dell’8%, accessibili da nord-est e sud-ovest, che consentono di salire in sommità o scendere al livello interrato. Le rampe, ispirate al pozzo di San Patrizio di Sangallo, corrono una sopra l’altra senza mai incrociarsi, se non nelle passerelle di collegamento in sommità e in corte. La rampa inferiore è circondata da una fontana, con il pelo dell’acqua a quota parapetto, creando un’esperienza immersiva e riflessiva. Lungo i percorsi sono distribuite le tremila cellette previste. Un ascensore cilindrico serve i pianerottoli del vertice nord-est. L’architettura produce tre viste privilegiate: verso l’alto, con il cielo inquadrato e deformato dalle rampe; verso il centro di Pavia, con la cupola del Duomo come landmark urbano; verso la corte, dove acqua e passerelle compongono una croce riflessa. Le murature perimetrali sono prive di aperture per concentrare l’attenzione su queste scene. Struttura e superfici sono in calcestruzzo armato a vista, protetto, con parapetti metallici, pavimentazioni in cemento antisdrucciolo e dettagli costruttivi improntati a sobrietà funzionale. Il rapporto volumetrico tra il cubo del Tempio e il cilindro dell’ascensore richiama la città, nel legame simbolico con Pavia e con il paesaggio circostante, proponendo un’architettura coerente e priva di orpelli. Con gli architetti Lorenzo Degli Esposti e Daniele Zerbi.
Partecipare ai concorsi di architettura significa mettersi alla prova su terreni sempre nuovi, misurarsi con scale più ampie, contesti lontani e temi complessi. È un’occasione per liberare creatività e visione, restando però ancorati alle regole e ai vincoli del brief, come in un esercizio di equilibrio tra libertà e disciplina. I concorsi sono per lo studio ciò che l’allenamento è per l’atleta: un modo per affinare metodo, lucidità e capacità di sintesi. Lavorare su scenari urbani, scuole, spazi pubblici o residenze collettive allena lo sguardo e arricchisce la sensibilità progettuale, mantenendo viva la curiosità e la tensione verso la ricerca.
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